Una città fantasma, collocata su una collina che sorge nel cuore della Basilicata, in un territorio dominato dai calanchi e da una scenografia unica: ecco Craco, un borgo abbandonato in provincia di Matera che nasconde sorprese, curiosità e tutto il fascino di un luogo che sembra essersi fermato nel tempo.
Craco: tra la Basilicata e Hollywood
Craco oggi è un comune di circa 700 abitanti, situato in provincia di Matera. Il suo tratto caratteristico è ospitare, nel suo territorio, una omonima città fantasma: negli anni Sessanta, il centro originario è stato completamente evacuato a causa di una frana e, da allora, le sue abitazioni arroccate e i vicoletti sono diventati misteriosi e silenziosi.
Tutto ciò, sorprendentemente, ha rappresentato la fortuna dell’antico abitato: conservatosi grazie alla cura e alla passione dei suoi originari abitanti, che mai hanno dimenticato la loro terra natia, Craco è diventato una meta turistica internazionale grazie alla sua bellezza e al grande mistero che circola nelle sue strade tranquille, ma anche set cinematografico d’elezione per molti film.
Da Basilicata Coast to Coast, di Rocco Papaleo, fino alla Passione di Cristo, diretto da Mel Gibson, che ha scelto questa località per rappresentare la salita al Calvario in Gerusalemme, il centro storico di Craco è diventata una meta per appassionati che provengono da tutto il mondo, decretando il suo successo come meta turistica tra le più particolari che la Basilicata ha da offrire.
Come raggiungere Craco
L’abitato si trova nella regione collinare che anticipa gli Appennini Lucani, a meno di 400 metri di altezza; la località è posta nella zona centro-occidentale della provincia di Matera, a metà strada tra le montagne e il mare. L’intero territorio è di una bellezza unica, perché da un lato dominano i calanchi (formazioni rocciose caratterizzate da canyon scavati dall’acqua piovana nel terreno argilloso), dall’altro le praterie, che un tempo ospitavano rigogliose coltivazioni di cereali.
Per raggiungere Craco sono disponibili numerose alternative, considerando che la città fantasma si trova a breve distanza da Pisticci (20 chilometri) e da Matera (circa 60 chilometri). Chi arriva in auto dovrà percorrere l’autostrada A3 (Salerno-Reggio Calabria) fino all’uscita di Sicignano, in direzione Potenza, per poi instradarsi sulla E847 fino a Pisticci Scalo e proseguire sulla SS176 fino a Peschiera. Da qui, la statale 103 conduce fino a Craco. Viceversa, chi vuole arrivare in treno potrà raggiungere la stazione più vicina, quella di Pisticci Scalo, mentre per i viaggiatori in aeroporto l’hub più vicino è quello di Bari (a circa 120 chilometri di distanza).
La storia di Craco
Le origini dell’abitato sono antichissime e le prime testimonianze fanno risalire un insediamento primitivo fino al VIII secolo a.C. Il grande sviluppo urbano della località si ebbe, tuttavia, nel medioevo sotto l’influsso dei Bizantini, prima, e dei Normanni poi. Ai primi, e in particolare ad un ordine monastico qui stabilitosi, si deve lo sviluppo dell’agricoltura nella zona: da questa circostanza, peraltro, deriva probabilmente il nome di Craco, da Graculum che vuol dire “piccolo campo arato”.
Quando la regione passò sotto il dominio normanno, il centro si sviluppò in borgo, soprattutto dopo la costituzione del feudo di Erberto (tra il 1154 e il 1168), divenendo, sotto il regno di Federico II, un importante centro strategico, come conferma l’erezione della Torre di Craco (che permette di dominare il corso dei fiumi Cavone ed Agri). Lo sviluppo della cittadina proseguì nei secoli successivi, con la costruzione di numerosi palazzi signorili, come Palazzo Maronna e Palazzo Grossi.
Nel Novecento, terminate le turbolenze del periodo post-unitario, Craco continuò tranquilla nella sua vita di piccolo centro rurale, interessato soprattutto a mantenere le distanze dai fatti che riguardavano il resto della Basilicata e d’Italia. Sebbene interessata fino a pochi anni dalla sua “fine” da un intenso latifondismo, la produzione agricola di Craco fu tra le più fiorenti dell’intera regione, al punto da garantire all’abitato l’appellativo di “Paese del grano”. A ridosso degli anni Sessanta, si produceva talmente tanto grano che i circa 2.000 abitanti non erano in grado di far fronte alle esigenze di coltivazione delle immense terre delle famiglie nobiliari del luogo, dovendosi richiedere l’apporto di manovalanza anche dal Salento.
Paradossalmente, l’instaurarsi del malcontento per la redistribuzione delle terre ai piccoli coltivatori, che avrebbe condotto alla fine del latifondismo – arrivata infine con la riforma agraria di metà anni Sessanta – ebbe in Craco una delle sue principali manifestazioni, come è possibile dedurre da un manifesto in rosso ancora oggi visibile sulla facciata di Palazzo Grossi, che manifesta le richieste dei contadini: “Pane e lavoro”. Infatti, la redistribuzione delle terre avvenne poco prima della frana del 1963, che ha completamente rivoluzionato la storia dell’abitato.
Il fenomeno, probabilmente dovuto ad errori nella progettazione del sistema idrico, comportò un lungo processo di disgregamento del suolo su cui sorgevano le abitazioni, mettendo in pericolo gli abitanti. Un processo che poteva essere fermato all’epoca, creando dei terrazzamenti con alberi per fermare il cedimento, ma che, invece, venne arginato con fragili muri di contenimento, rivelatisi a breve inutili. Così, per circa dieci anni cominciò il lento esodo dei crachesi, fino al completo abbandono dell’abitato nel 1974.
Considerando che la terra non cessò il suo costante declino, si decise di trasferire forzatamente gli abitanti, assegnando loro degli alloggi popolari nella località a valle, Peschiera, vicina a Pisticci, che rappresenta il centro maggiore della zona. Questo ha generato molto malcontento nei crachesi, che mal consideravano l’idea di abitare nella “Nuova Craco”. Ciò è testimoniato, peraltro, dal fatto che l’attuale Comune non sia riuscito a ridurre la diaspora dei suoi abitanti: nel 2017, infatti, il censimento ha contato appena 730 persone.
Visitare Craco
Il paesaggio che ospita Craco è quasi surreale, e secondo per fascino soltanto al centro storico: questo è praticamente intatto, quasi fermo nel tempo da quasi cinquant’anni. Qui le abitazioni signorili e quelle dei contadini, ad eccezione di qualche installazione cinematografica, sono ancora come gli abitanti le hanno lasciate. Se nella Craco nuova non c’è altro che un insieme anonimo di case popolari, l’antico centro è rimasto pressoché intatto e, grazie alla rinnovata attenzione del turismo e del cinema internazionale, costituisce oggi un inestimabile tesoro: una fotografia di un borgo rimasto intatto nelle condizioni in cui era quanto è stato abbandonato.
Per accedere alla città fantasma è necessario ottenere un lasciapassare da parte del Comune, la Craco-Card. Inoltre, è necessario firmare una liberatoria sulla sicurezza e sui rischi, nonché indossare elmetti protettivi. La risalita al borgo attraversa un sentiero che taglia la collina e l’arido calanco che la circonda, lasciando i visitatori alla vista di un paesaggio unico e sconvolgente. La visita al centro abitato è completamente libera (pur essendo necessario essere accompagnati da una guida autorizzata), potendosi percorrere itinerari che attraversano le silenziose stradine oppure si inerpicano lungo le colline di argilla.
Cosa vedere a Craco
La visita al centro storico permette di ammirare da vicino alcuni degli edifici rimasti praticamente intatti, tra cui la Chiesa Madre, la Torre Normanna, la cinta muraria medievale e gli Edifici nobiliari. La guida provvederà ad informare i turisti sulle cause dell’abbandono e sugli elementi più importanti della storia e cultura degli abitanti. Inoltre, qui è possibile accedere al MEC (Museo emozionale di Craco), nonché all’antico Monastero di San Pietro.
Tuttavia, l’aspetto più emozionante e coinvolgente della visita a Craco è senz’altro quello legato all’avventurarsi nei diversi vicoli e nelle contrade che dividono l’antico borgo. Il nome di ciascuna di queste, peraltro, è legato a tradizioni secolari e rappresenta un’ulteriore interessante occasione di scoperta sulla cultura del luogo. In definitiva, le principali contrade da visitare sono:
– la Contrada “Canzoniere”, che deve il suo nome ad una taverna posta lungo un “tratturo”, la quale a sua volta veniva così chiamata in forza di una leggenda, secondo cui la proprietaria del luogo era una bellissima donna che, sedotti gli avventori, li uccideva e trasformava in pietanze da proporre nell’osteria;
– la Contrada “San Lorenzo”, posta lungo la via che conduce al Cavone e al cui interno si trovano antiche masserie (come “Galante” e “Cammarota”) e una splendida fontana a volta;
– la Contrada “Sant’Eligio”, dedicata al protettore dei maniscalchi e dominata dall’apposita cappella affrescata risalente al Cinquecento.
Molti sono anche gli edifici storici di grande interesse artistico e architettonico, come la Torre Normanna (chiamata dai crachesi “il Castello”), le chiese di San Vincenzo e San Nicola e il monastero dei Frati Minori, che nelle sere estive ospita ancora oggi concerti di musica classica, profana e sacra, in una scenografia spettacolare e che farà innamorare tantissimi viaggiatori venuti in questa città fantasma.